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Nonostante l’interruzione del NIST NVD, il sistema di rilevamento di Greenbone mantiene piena operatività, garantendo scansioni affidabili delle vulnerabilità senza dipendere dai dati di arricchimento CVE mancanti.

Dal 1999, il Common Vulnerabilities and Exposures (CVE), gestito dalla MITRE Corporation, fornisce gratuitamente informazioni pubbliche sulle vulnerabilità, pubblicando e aggiornando dati sulle falle del software. Dal 2005, il National Institute of Standards and Technology (NIST) ha arricchito questi rapporti CVE, dando maggiore contesto per migliorare la valutazione del rischio informatico. Tuttavia, all’inizio del 2024, la comunità della sicurezza informatica è stata sorpresa dall’interruzione delle attività del NIST National Vulnerability Database (NVD). A circa un anno di distanza, questa interruzione non è stata ancora completamente risolta [1][2]. Con il numero crescente di CVE segnalati ogni anno, le difficoltà del NIST hanno causato un ritardo significativo nell’assegnazione di contesti fondamentali come il punteggio di gravità (CVSS), gli elenchi di prodotti interessati (CPE) e le classificazioni delle debolezze (CWE).

I cambiamenti politici promossi di recente dall’amministrazione Trump hanno generato notevole incertezza riguardo al futuro della condivisione delle informazioni sulle vulnerabilità, influenzando anche numerosi fornitori di sicurezza che da tali dati dipendono. Parallelamente, il bilancio 2025  della Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA), riflette una significativa riduzione delle risorse in aree chiave. In particolare, si registra un taglio di circa 49,8 milioni di dollari destinati ad appalti, costruzioni e miglioramenti e una diminuzione di 4,7 milioni di dollari per attività di ricerca e sviluppo. Questi ridimensionamenti hanno spinto la CISA ad adottare misure di contenimento delle spese, tra cui la revisione dei contratti e l’ottimizzazione delle strategie di approvvigionamento.

Nonostante le recenti preoccupazioni, il programma CVE non ha subito alcuna interruzione: il 16 aprile 2025, la CISA ha esteso all’ultimo minuto il contratto con MITRE, garantendo la continuità dei servizi CVE per altri 11 mesi, proprio poche ore prima della scadenza prevista. Tuttavia, l’evoluzione degli eventi rimane imprevedibile. Il potenziale impatto negativo sulla condivisione dell’intelligence suscita allarme, configurando forse una nuova dimensione geopolitica, paragonabile a una forma di guerra fredda digitale.

Questo articolo fornisce una breve panoramica sul funzionamento del programma CVE e su come le capacità di rilevamento di Greenbone siano rimaste invariate durante l’interruzione del NIST NVD.

Funzionamento del programma CVE: una panoramica

La MITRE Corporation, organizzazione senza scopo di lucro, opera come pilastro strategico per la sicurezza interna statunitense abbracciando ricerca difensiva, protezione delle infrastrutture critiche e cybersecurity. Nella gestione del programma CVE, MITRE ricopre un ruolo centrale come Primary CNA (CVE Numbering Authority), coordinando l’infrastruttura chiave per l’assegnazione degli ID CVE, la pubblicazione dei record e i flussi di comunicazione tra tutti i CNA e gli Authorized Data Publishers (ADP). I dati CVE sono resi pubblici attraverso il sito web del MITRE CVE.org  e il repository cvelistV5 su GitHub, dove i record sono archiviati in formato JSON strutturato. Questo modello ha ottimizzato il reporting delle vulnerabilità, standardizzato i processi e assicurato una condivisione dei dati fluida nell’ecosistema della sicurezza informatica globale.

Quando in passato un CNA inviava una descrizione della vulnerabilità al MITRE, il NIST ha sempre aggiunto informazioni chiave quali:

  • CVSS (Common Vulnerability Scoring System): un punteggio di gravità (da 0 a 10) e una stringa vettoriale dettagliata che descrive il rischio associato alla vulnerabilità. Il CVSS valuta fattori come la complessità dell’attacco (Attack Complexity, AC), l’impatto su riservatezza (Confidentiality, C), integrità (Integrity, I) e disponibilità (Availability, A), oltre ad altri parametri.
  • CPE (Common Platform Enumeration): una stringa appositamente formattata che identifica in modo univoco i prodotti e le versioni interessate dalla vulnerabilità, includendo nome del prodotto, fornitore e dettagli architetturali.
  • CWE (Common Weakness Enumeration): classifica le cause profonde della vulnerabilità in base alla tipologia del difetto software.

ll CVSS consente alle organizzazioni di quantificare il rischio associato a una vulnerabilità attraverso un punteggio standardizzato (0-10), facilitando la prioritizzazione strategica degli interventi di bonifica. Poiché le segnalazioni CVE iniziali includono solo dichiarazioni non standardizzate sui prodotti coinvolti, l’integrazione dei CPE da parte del NIST consente alle piattaforme di sicurezza di utilizzare il matching CPE come metodo rapido, sebbene parzialmente inaffidabile, per identificare la presenza di vulnerabilità nell’infrastruttura di un’organizzazione.

Se desideri approfondire come funziona il procedimento di divulgazione delle vulnerabilità e il ruolo di CSAF 2.0 come alternativa decentralizzata al programma CVE del MITRE, leggi il nostro articolo: Cos’è il Common Security Advisory Framework 2.0 e come automatizza il vulnerability management. Di seguito procediamo ad esaminare le criticità del NIST NVD e identifichiamo gli elementi che garantiscono la capacità di Greenbone di rilevare le vulnerabilità nonostante il malfunzionamento del database federale.

Interruzione NVD del NIST: cos’è successo?

A partire dal 12 febbraio 2024, il NVD ha ridotto drasticamente l’arricchimento delle vulnerabilità CVE con metadati importanti come punteggi CVSS, identificatori CPE e classificazioni CWE. Il problema è emerso inizialmente grazie al vicepresidente della sicurezza di Anchore, che ne ha segnalato l’impatto operativo. A maggio 2024, circa il 93% delle CVE aggiunte dopo il 12 febbraio risultava privo di analisi contestuali. A settembre 2024, il NIST non ha rispettato la scadenza autoimposta per colmare il ritardo: il 72,4% delle CVE e il 46,7% delle KEV (Known Exploited Vulnerabilities) del CISA rimanevano non erano ancora state arricchite [3].

Il rallentamento del processo di arricchimento del National Vulnerability Database (NVD) ha avuto ripercussioni significative per la comunità della sicurezza informatica. Non solo perché i dati arricchiti sono fondamentali per i difensori nel definire con efficacia le priorità delle minacce, ma anche perché numerosi strumenti di scansione delle vulnerabilità si basano su questi metadati per rilevare e valutare le falle di sicurezza.

In qualità di difensore della cybersecurity, è lecito chiedersi se Greenbone sia stato colpito dall’interruzione del NIST NVD. La risposta è no. Continua a leggere per scoprire perché le capacità di rilevamento di Greenbone sono riuscite a far fronte all’interruzione del NIST NVD.

Il rilevamento di Greenbone risulta efficace nonostante l’interruzione NVD

Senza metadati CVE arricchiti, molte soluzioni di sicurezza risultano inefficaci a causa della dipendenza dalla corrispondenza CPE per identificare le vulnerabilità. Tuttavia, Greenbone è riuscito a far fronte all’interruzione del NIST NVD grazie a un approccio indipendente dal CPE: i test di vulnerabilità OpenVAS possono essere sviluppati direttamente dalle descrizioni CVE non arricchite, integrando anche il rilevamento di configurazioni errate e vulnerabilità senza CVE, come i benchmark CIS [4][5]. 

Per sviluppare i test di vulnerabilità (VT), Greenbone si avvale di un team dedicato di ingegneri software specializzati nell’analisi degli aspetti tecnici alla base delle vulnerabilità. Il sistema include uno scanner CVE in grado di eseguire una corrispondenza CPE tradizionale, ma si distingue dalle soluzioni dipendenti esclusivamente dai dati CPE del NIST NVD grazie a tecniche di rilevamento avanzate che superano i limiti del matching di base. Questa architettura ibrida – tra automazione standardizzata e analisi contestuale – garantisce capacità di rilevamento solide anche durante interruzioni critiche come quella recente del NIST NVD.

Per garantire un rilevamento delle vulnerabilità resiliente e all’avanguardia, lo scanner OpenVAS di Greenbone interagisce attivamente con i servizi di rete esposti, costruendo una mappa dettagliata della superficie di attacco di una rete target. Questo comprende l’identificazione dei servizi accessibili tramite connessioni di rete, l’analisi dei prodotti in esecuzione e l’esecuzione di test specifici (VT) per ogni vulnerabilità CVE o non-CVE, verificandone attivamente la presenza. L’Enterprise Vulnerability Feed di Greenbone include oltre 180.000 VT aggiornati quotidianamente, garantendo il rilevamento tempestivo delle ultime vulnerabilità segnalate e un’individuazione rapida delle minacce emergenti.

Oltre alle scansioni attive, Greenbone integra scansioni autenticate agentless che raccolgono dati dettagliati dagli endpoint, analizzando i pacchetti software installati e confrontandoli con i CVE noti. Questo approccio garantisce un rilevamento preciso delle vulnerabilità, bypassando la dipendenza dai dati CPE arricchiti del NVD.

Punti di forza:

  • Indipendenza dai dati CVE arricchiti: Greenbone garantisce il rilevamento continuo senza dipendere dai metadati arricchiti del NIST NVD, mantenendo prestazioni stabili anche durante interruzioni del database federale. Una descrizione di base di una vulnerabilità consente agli ingegneri di Greenbone di sviluppare un modulo di rilevamento.
  • Rilevamento avanzato oltre il CPE: sebbene Greenbone includa uno scanner CVE con corrispondenza CPE, le sue capacità si estendono ben oltre questo approccio tradizionale, integrando metodi attivi di interazione con i target per un rilevamento più accurato.
  • Mappatura della superficie di attacco: lo scanner OpenVAS di Greenbone interagisce attivamente con i servizi esposti per mappare la superficie di attacco della rete, identificando tutti i servizi raggiungibili. Le scansioni autenticate agentless raccolgono dati direttamente dagli endpoint per analizzare i pacchetti software installati, confrontandoli con i CVE noti senza dipendere dai dati CPE arricchiti.
  • Resilienza alle interruzioni dell’arricchimento NVD: il rilevamento di Greenbone risulta efficace anche senza dati NVD arricchiti, perché si serve delle descrizioni CVE dei CNA per sviluppare controlli attivi precisi e valutazioni basate sulle versioni software.

L’approccio di Greenbone è pratico, efficace e resistente

Greenbone rappresenta il punto di riferimento in termini di praticità, efficacia e resilienza nel campo della gestione delle vulnerabilità. Le sue soluzioni sono progettate per fornire una protezione proattiva e affidabile contro le minacce informatiche, adattandosi a una vasta gamma di ambienti IT. Utilizzando la mappatura attiva della rete e le scansioni autenticate, le soluzioni Greenbone interagiscono direttamente con l’infrastruttura di destinazione.

Questi standard elevati permettono alle aziende di identificare le vulnerabilità in modo preciso e tempestivo, anche in ambienti complessi e distribuiti. Anche in assenza dell’arricchimento del National Vulnerability Database (NVD), i metodi di rilevamento delle vulnerabilità di Greenbone rimangono efficaci e affidabili. Gli ingegneri di Greenbone possono sviluppare controlli attivi accurati e valutazioni delle vulnerabilità basate sulla versione del prodotto, utilizzando le informazioni disponibili nei rapporti iniziali dei CVE.

Grazie a un approccio intrinsecamente resiliente nel rilevamento delle vulnerabilità, Greenbone assicura una gestione affidabile delle minacce, emergendo come punto di riferimento nel panorama della cybersecurity.

Alternative a NVD / NIST / MITRE

La problematica del MITRE rappresenta un campanello d’allarme per la sovranità digitale europea, ma l’UE ha reagito con tempestività: l’EuVD di ENISA, l’Agenzia dell’Unione per la cybersecurity, è ora operativa. Ne parleremo nel nostro prossimo articolo.

Due nuove vulnerabilità in Apache Camel richiedono l’attenzione immediata degli utenti. Il 9 marzo 2025, Apache ha divulgato la vulnerabilità CVE-2025-27636 (CVSS 5.6) per l’esecuzione di codice remoto. Pochi giorni dopo, l’11 marzo, il Security Intelligence Group (SIG) di Akamai ha identificato una tecnica per aggirare la patch originale, portando alla pubblicazione della vulnerabilità CVE-2025-29891 (CVSS 4.2) il 12 marzo. ​

Grüne Grafik mit stilisiertem Kamel in einer Wüstenlandschaft. Rechts daneben ein Button mit der Aufschrift ‚RCE in Apache Camel‘.

Sebbene l’Authorized Data Publisher (ADP) della Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA) abbia assegnato punteggi CVSS moderati a queste due vulnerabilità, a seconda della configurazione dell’istanza Apache Camel interessata le loro conseguenze possono essere gravi. Entrambe le vulnerabilità derivano da un filtraggio inadeguato delle intestazioni o dei parametri HTTP durante la comunicazione con un’istanza di Apache Camel. In particolare, il problema risiede nella gestione delle maiuscole e minuscole: mentre il filtraggio dei parametri considera la distinzione tra maiuscole e minuscole, l’applicazione degli argomenti non lo fa. Inoltre, la disponibilità pubblica di codice Proof of Concept (PoC) e di descrizioni tecniche dettagliate aumenta il rischio associato a queste vulnerabilità.

Greenbone ha implementato test di vulnerabilità (VT) per individuare sistemi esposti alle CVE-2025-27636 e CVE-2025-29891. Questi test eseguono scansioni attive sugli endpoint HTTP per rilevare potenziali punti deboli. Ma vediamo il tutto nel dettaglio.

Cos’è Apache Camel?

Apache Camel è una libreria Java open source progettata per facilitare l’integrazione di diversi componenti all’interno di architetture di sistema aziendali distribuite, come API o microservizi. Fornisce una piattaforma versatile per il routing e la trasmissione dei dati, basata sul concetto di Enterprise Integration Patterns (EIP), che rappresentano modelli architetturali per l’integrazione dei sistemi aziendali. Camel implementa questi modelli attraverso vari domain-specific Languages (DSL), tra cui Java, XML, Groovy e YAML, consentendo ai programmatori di definire in modo flessibile le regole di routing e mediazione.

Nel 2021, Apache Camel deteneva una quota del 3,03% nel mercato dell’Enterprise Application Integration. Oltre 5.600 aziende (di cui circa la metà con sede negli Stati Uniti) hanno adottato il software. Camel è particolarmente diffuso nei settori della tecnologia e dei servizi IT (33%), del software (12%) e dei servizi finanziari (6%).

Due CVE in Apache Camel consentono l’header injection

Quando un componente HTTP di Apache Camel elabora una richiesta, un filtro predefinito dovrebbe impedire la divulgazione di dati sensibili o l’esecuzione di comandi interni. Tuttavia, a causa di una regola di filtro errata che distingue tra maiuscole e minuscole, vengono filtrate solo le intestazioni corrispondenti al 100%, mentre nella logica del programma queste si applicano senza tenere in considerazione la distinzione maiuscole-minuscole. Questo ha permesso di bypassare il filtro modificando la maiuscola o minuscola del primo carattere del nome dell’intestazione, consentendo a un attaccante di infiltrare qualsiasi intestazione.

La buona notizia è che i componenti camel-bean o camel-exec devono essere attivati in combinazione con un componente basato su HTTP, come camel-http, camel-http4, camel-rest o camel-servlet. Inoltre, lo sfruttamento è limitato ai metodi interni specificati nell’URI della richiesta HTTP. È rassicurante anche sapere che questa vulnerabilità richiede autenticazione per essere sfruttata. Pertanto, se gli sviluppatori hanno implementato meccanismi di autorizzazione per l’API HTTP di Camel, il rischio di sfruttamento da parte di utenti senza le giuste credenziali è significativamente ridotto.

Al vertice della scala di rischio, l’attivazione mirata del componente “Camel Exec” può consentire a un attaccante di eseguire comandi arbitrari sul sistema con i privilegi dell’utente che esegue il processo Camel. Questo è possibile inviando l’header “CamelExecCommandExecutable” per specificare un comando shell che sovrascrive quelli configurati nel back-end. Il rischio è particolarmente elevato quando le API HTTP vulnerabili di Camel risultano accessibili da Internet. Tuttavia, questa vulnerabilità potrebbe essere sfruttata anche da un insider per muoversi lateralmente all’interno della rete o da aggressori che hanno già ottenuto un accesso iniziale alla rete interna di un’organizzazione.

Akamai ha fornito una descrizione tecnica della catena di exploit e del Proof of Concept.

Qual è il punteggio CVSS appropriato?

Sebbene le vulnerabilità CVE-2025-27636 (CVSS 5.6) e CVE-2025-29891 (CVSS 4.2) siano state classificate come moderatamente gravi, il loro impatto può diventare critico se i componenti “camel-bean” o “camel-exec” sono attivati in combinazione con componenti basati su HTTP. Questa situazione mette in evidenza alcune limitazioni del Common Vulnerability Scoring System (CVSS), che fornisce una valutazione standardizzata della gravità delle vulnerabilità, ma non sempre considera il contesto specifico di utilizzo.

I ricercatori di Akamai hanno evidenziato che la CVE-2025-27636 è relativamente semplice da sfruttare e hanno pubblicato un codice Proof of Concept (PoC), contribuendo ad aumentare la consapevolezza del rischio associato. Questo implica che la metrica “Attack Complexity” (AC) del Common Vulnerability Scoring System (CVSS) dovrebbe essere impostata su “Bassa” (AC:L). Tuttavia, il Cybersecurity and Infrastructure Security Agency – Authorized Data Publisher (CISA-ADP) ha valutato la complessità dell’attacco come “Alta” (AC:H). In risposta a questi sviluppi, Red Hat ha rivalutato la vulnerabilità, aumentando il punteggio CVSS per la CVE-2025-27636 a 6,3.

Sebbene inizialmente il CISA-ADP non avesse identificato un impatto significativo sulla riservatezza (confidentiality) di CVE-2025-29891, ulteriori analisi hanno rivelato che questa vulnerabilità potrebbe consentire l’esecuzione remota di codice arbitrario (Remote Code Execution, RCE) su sistemi con una configurazione vulnerabile di Apache Camel. Di conseguenza, è stato ritenuto appropriato rivalutare l’impatto della vulnerabilità, classificandolo come elevato in termini di riservatezza (C), integrità (I) e disponibilità (A). Questo ha portato a un aumento del punteggio CVSS (Common Vulnerability Scoring System) della vulnerabilità a 9.8, indicando una criticità molto elevata.

La Cybersecurity and Infrastructure Security Agency – Authorized Data Publisher (CISA-ADP) ha assegnato alla vulnerabilità CVE-2025-29891 il valore “Nessuno” (N) per le autorizzazioni richieste (PR). Tuttavia, il Proof of Concept (PoC) pubblicato da Akamai dimostra come l’exploit possa avvenire senza l’uso di connessioni HTTPS né autenticazione. È importante ricordare che eseguire un’API non crittografata e non autenticata è altamente rischioso. Apache Camel offre meccanismi di sicurezza come l’API Java Secure Socket Extension (JSSE) per Transport Layer Security (TLS) e l’integrazione con server di autorizzazione Single Sign-On (SSO) come KeyCloak. Le istanze di Camel che implementano l’autenticazione client sono protette da potenziali exploit. Pertanto, nella maggior parte dei casi, il valore PR dovrebbe essere impostato su “Basso” (L) o “Alto” (H), il che ridurrebbe il punteggio CVSS rispettivamente a 7,3 o 8,8.

Inoltre, alle CVE è stato assegnato il valore “Scope Unchanged” (UC). Secondo la specifica CVSS v3.1, “questa metrica indica se una vulnerabilità in un componente ha un impatto su risorse al di fuori del suo ambito di sicurezza.” L’esecuzione di comandi shell arbitrari su un sistema compromesso è generalmente valutata con “Scope Changed” (C). Se il processo Camel è eseguito con privilegi di root su Linux/Unix o come amministratore su Windows, un attaccante potrebbe ottenere un controllo quasi totale sul sistema. Considerando la variabilità delle valutazioni CVSS, le vulnerabilità CVE-2025-27636 e CVE-2025-29891 dovrebbero essere trattate come critiche in configurazioni vulnerabili prive di autenticazione.

Trattamento delle CVE in Apache Camel

Le vulnerabilità CVE-2025-27636 e CVE-2025-29891 interessano Apache Camel nelle seguenti versioni:​ 4.10 fino alla 4.10.1,​ 4.8 fino alla 4.8.4​, 3 fino alla 3.22.3​. Si consiglia agli utenti di aggiornare alle versioni 4.10.2, 4.8.5 o 3.22.4, oppure di implementare un filtro di intestazione personalizzato utilizzando removeHeader o removeHeaders nelle rotte di Camel. È importante notare che le versioni 4.10.0, 4.10.1, dalla 4.8.0 alla 4.8.4 e dalla 3.10.0 alla 3.22.3 rimangono vulnerabili, nonostante siano considerate aggiornamenti di sicurezza che avrebbero dovuto correggere l’errore.

Nelle architetture distribuite, è fondamentale che tutti i terminali HTTP implementino un’autenticazione robusta. Per Apache Camel, sono disponibili diverse opzioni per garantire la sicurezza delle comunicazioni: utilizzo dell’API Java Secure Socket Extension (JSSE) per TLS con componenti Camel o utilizzo di un server di autorizzazione KeyCloak OAuth 2.0 SSO. Per i sistemi legacy deve essere configurata almeno l’autenticazione di base HTTP.

Per riassumere

Si consiglia agli utenti di Apache Camel di effettuare l’aggiornamento immediato alle versioni 4.10.2, 4.8.5 o 3.22.4. In alternativa, è possibile implementare il filtraggio personalizzato delle intestazioni utilizzando removeHeader o removeHeaders nelle rotte Camel. È inoltre fortemente raccomandato l’uso di un’autenticazione robusta su tutti gli endpoint HTTP. Apache Camel supporta l’API JSSE per soluzioni TLS e l’integrazione con Keycloak per OAuth 2.0 SSO. Greenbone è in grado di rilevare sia la CVE-2025-27636 che CVE-2025-29891 attraverso test di vulnerabilità che controllano attivamente gli endpoint HTTP potenzialmente sfruttabili.

Le minacce informatiche si stanno evolvendo rapidamente, ma le vulnerabilità sfruttate dagli attaccanti rimangono pressoché invariate. Per il 2025, molti analisti hanno fornito una retrospettiva sul 2024 e una previsione per l’anno a venire. Gli attacchi informatici diventano sempre più costosi per le aziende, ma le cause restano invariate. Il phishing [T1566] e lo sfruttamento di vulnerabilità software note [T1190] continuano a essere le principali minacce. È interessante notare che gli attaccanti stanno diventando sempre più veloci nel trasformare le informazioni pubbliche in armi, convertendo le rivelazioni di CVE (Common Vulnerabilities and Exposures) in codice exploit utilizzabile nel giro di pochi giorni o addirittura ore. Una volta penetrati nella rete di una vittima, gli aggressori eseguono i loro obiettivi con maggiore rapidità nella seconda fase, implementando il ransomware in tempi molto brevi.

In questo Threat Report, analizziamo le recenti rivelazioni sul gruppo ransomware Black Basta e le misure di protezione offerte da Greenbone. Esamineremo inoltre un rapporto di GreyNoise sullo sfruttamento di massa delle vulnerabilità, una nuova falla critica nella Zimbra Collaboration Suite e le minacce emergenti per i dispositivi di edge networking.

L’era delle tecnologie sismiche

Se le crisi di sicurezza informatica sono paragonabili a terremoti, l’ecosistema tecnologico globale rappresenta le placche tettoniche sottostanti. Questo sistema può essere efficacemente descritto come il corrispettivo informatico del periodo Paleozoico nella storia geologica terrestre. Le dinamiche competitive e le spinte innovative del mercato esercitano pressioni contrastanti sull’infrastruttura della cybersecurity, simili alle forze che portarono alla collisione dei supercontinenti di Pangea. Queste sollecitazioni continue generano “scosse” ricorrenti che provocano riassestamenti strutturali permanenti, modificando radicalmente il panorama della sicurezza digitale.

I nuovi paradigmi informatici come l’IA generativa e l’informatica quantistica offrono vantaggi significativi ma comportano anche rischi considerevoli. La corsa all’accesso ai dati personali sensibili da parte di governi e giganti tecnologici amplifica i rischi per la privacy e la sicurezza dei cittadini. L’impatto di queste lotte tecnologiche sulla sfera privata, la sicurezza e non da ultimo la società, è profondo e multiforme. Ecco alcune delle forze principali che destabilizzano attualmente la sicurezza informatica:

  • L’evoluzione rapida delle tecnologie guida l’innovazione e impone cambiamenti tecnologici continui.
  • Le aziende si trovano costrette ad adattarsi sia per la svalutazione di tecnologie e standard obsoleti, sia per mantenere la propria competitività sul mercato.
  • La concorrenza serrata accelera lo sviluppo dei prodotti e accorcia i cicli di rilascio.
  • L’obsolescenza programmata si è affermata come strategia aziendale per generare maggiori profitti.
  • La diffusa mancanza di responsabilità da parte dei fornitori di software ha portato a privilegiare le prestazioni rispetto al principio “Security First”.
  • Inoltre, gli stati nazionali impiegano tecnologie avanzate per condurre operazioni di guerra cibernetica, guerra dell’informazione e guerra elettronica.

Grazie a queste forze, i criminali informatici ben equipaggiati e organizzati trovano un numero praticamente illimitato di falle di sicurezza da sfruttare. Il Paleozoico è durato 300 milioni di anni; speriamo di non dover attendere altrettanto affinché i produttori di prodotti dimostrino responsabilità e adottino principi di progettazione sicura [1][2][3] per prevenire i cosiddetti punti deboli “imperdonabili” causati dalla negligenza [4][5]. Le aziende devono quindi sviluppare una flessibilità tecnica e implementare programmi efficienti per la gestione delle patch. Una gestione continua e prioritaria delle vulnerabilità è imprescindibile.

Greenbone contro Black Basta

I log di chat interni trapelati del gruppo ransomware Black Basta offrono uno sguardo senza precedenti sulle tattiche e i processi operativi del gruppo. La pubblicazione di questi verbali, attribuita a un individuo noto come “ExploitWhispers”, sarebbe una ritorsione contro gli attacchi controversi di Black Basta alle banche russe, che avrebbero scatenato conflitti interni al gruppo. Dall’inizio delle sue attività nell’aprile 2022, Black Basta ha dimostrato di essere un attore di spicco nel panorama del cybercrime, accumulando oltre 100 milioni di dollari in pagamenti di riscatto da più di 300 vittime a livello globale. Un’analisi approfondita dei documenti trapelati ha rivelato riferimenti a 62 CVE che illustrano le strategie del gruppo per sfruttare vulnerabilità note. Greenbone dispone di test di rilevamento per 61 di questi CVE, coprendo così il 98% delle vulnerabilità menzionate.

Il report di GreyNoise sullo sfruttamento massivo delle vulnerabilità

Gli attacchi di mass-exploitation sono operazioni automatizzate che prendono di mira i servizi di rete accessibili via Internet. Questo mese, GreyNoise ha pubblicato un rapporto dettagliato che analizza il panorama delle mass-exploitation, evidenziando i 20 principali CVE attaccati dalle botnet più estese (in termini di IP univoci) e i fornitori dei prodotti più frequentemente presi di mira. Inoltre, elenca i principali CVE inseriti nel catalogo KEV (Known Exploited Vulnerabilities) della CISA sfruttati dalle botnet Il Greenbone Enterprise Feed offre test di riconoscimento per l’86% di tutti i CVE (86 in tutto) menzionati nel report. Se si considerano solo CVE pubblicati nel 2020 o successivamente (66 in totale), il nostro Enterprise Feed ne copre il 90%.

Inoltre:

  • Il 60% dei CVE sfruttati negli attacchi di massa sono stati pubblicati nel 2020 o successivamente.
  • Gli attaccanti sono sempre più veloci nello sfruttare le nuove vulnerabilità, iniziando ad utilizzarle entro poche ore dalla loro pubblicazione.
  • Il 28% delle vulnerabilità presenti nel catalogo KEV della CISA viene attivamente sfruttato dai gruppi ransomware.

La Zimbra Collaboration Suite

Il CVE-2023-34192 (CVSS 9.0) è una vulnerabilità di cross-site scripting (XSS) critica nella Zimbra Collaboration Suite (ZCS) versione 8.8.15. Questa falla permette a un attaccante autenticato remoto di eseguire codice arbitrario attraverso uno script manipolato indirizzato alla funzione “/h/autoSaveDraft”. La CISA ha incluso il CVE-2023-34192 nel suo catalogo KEV, indicando che la vulnerabilità è stata attivamente sfruttata in attacchi reali. Il codice exploit PoC (Proof of Concept) è disponibile pubblicamente, rendendo possibile anche agli aggressori meno esperti di sfruttare la vulnerabilità. Fin dalla sua scoperta nel 2023, il CVE-2023-34192 ha mantenuto un punteggio EPSS molto elevato. Per i difensori che utilizzano l’EPSS (Exploit Prediction Scoring System) per prioritizzare le azioni correttive, questo implica la necessità di applicare patch con la massima urgenza.

Zimbra Collaboration Suite (ZCS) è una piattaforma open source per applicazioni da ufficio che combina e-mail, calendari, contatti, gestione delle attività e strumenti di collaborazione. Ciononostante, ZCS detiene una quota di mercato di nicchia, rappresentando meno dell’1% di tutte le piattaforme di posta elettronica e messaggistica.

Vivere sul filo del rasoio: vulnerabilità critiche nei dispositivi di rete

Nel nostro threat report mensile, abbiamo evidenziato la persistente vulnerabilità dei dispositivi di rete edge. All’inizio del mese, abbiamo documentato le gravi conseguenze derivanti dai modelli di router e firewall Zyxel giunti a fine ciclo di vita. In questa sezione, esaminiamo i nuovi rischi per la sicurezza che rientrano nella categoria “Edge Networking”. È importante sottolineare che Greenbone offre capacità di rilevamento per tutti i CVE discussi di seguito.

Hacker cinesi sfruttano PAN-OS di Palo Alto per attacchi ransomware

Il CVE-2024-0012 (CVSS 9.8), una vulnerabilità scoperta in Palo Alto PAN-OS nel novembre 2023, si è affermata come una delle più sfruttate del 2024. Fonti attendibili riportano che attori di minacce cinesi, presumibilmente supportati dal governo, stanno sfruttando questa falla per orchestrare attacchi ransomware. Recentemente, è emersa un’altra grave vulnerabilità che affligge PAN-OS: CVE-2025-0108 (CVSS 9.1). Annunciata questo mese, la CISA l’ha immediatamente classificata come attivamente sfruttata. Questa falla permette di aggirare l’autenticazione nell’interfaccia di gestione web. Particolarmente preoccupante è la possibilità di combinarla con CVE-2024-9474 (CVSS 7.2), una vulnerabilità distinta che consente l’escalation dei privilegi, consentendo a un attaccante non autenticato di ottenere il controllo completo sui file root di un dispositivo PAN-OS non aggiornato.

SonicWall corregge una vulnerabilità critica attivamente sfruttata in SonicOS

CVE-2024-53704, una vulnerabilità critica negli apparecchi SonicWall è stata recentemente inclusa nel catalogo KEV della CISA. Sorprendentemente, la CISA ha segnalato che questa è solo una delle otto vulnerabilità legate a SonicWall attivamente sfruttate negli attacchi ransomware. La nuova minaccia CVE-2024-53704 (CVSS 9.8) è una vulnerabilità creata da un meccanismo di autenticazione non pulito [CWE-287] in SSLVPN delle versioni SonicOS 7.1.1-7058 e precedenti, 7.1.2-7019 e 8.0.0-8035 di SonicWall. Consente agli aggressori di bypassare l’autenticazione e dirottare le sessioni VPN SSL attive, ottenendo potenzialmente l’accesso non autorizzato alla rete. Un’analisi tecnica completa è disponibile su BishopFox. Un Security Advisory di SonicWall menziona anche altri CVE ad alta gravità in SonicOS che sono stati patchati insieme a CVE-2024-53704.

CyberoamOS e firewall XG di Sophos a fine vita attivamente sfruttati

Il fornitore di sicurezza Sophos, che ha acquisito Cyberoam nel 2014, ha emesso un avviso e una patch per CVE-2020-29574. CyberoamOS fa parte dell’ecosistema dei prodotti Sophos. Oltre a questo CVE, anche il Sophos XG Firewall, che sta per scadere, è oggetto di un avviso di possibile sfruttamento attivo.

  • CVE-2020-29574 (CVSS 9.8 ): una vulnerabilità critica di SQL Injection [CWE-89] rilevata nell’interfaccia WebAdmin delle versioni CyberoamOS fino al 4 dicembre 2020. Questa falla consente agli aggressori non autenticati di eseguire da remoto istruzioni SQL arbitrarie, con la possibilità di ottenere l’accesso amministrativo completo al dispositivo. È stata rilasciata una patch hotfix che si applica anche a determinati prodotti End-of-Life (EOL) interessati.
  • CVE-2020-15069 (CVSS 9.8) è una vulnerabilità critica di overflow del buffer che colpisce le versioni di Sophos XG Firewall da 17.x a v17.5 MR12. Questa falla consente l’esecuzione di codice remoto (RCE) non autenticata attraverso la funzione di segnalibro HTTP/S per l’accesso clientless. Sebbene pubblicata nel 2020, la vulnerabilità è ora oggetto di sfruttamento attivo ed è stata inclusa nel catalogo KEV della CISA, indicando un incremento del rischio associato. In risposta alla scoperta della vulnerabilità nel 2020, Sophos ha prontamente emesso un avviso e rilasciato un hotfix per i firewall interessati. È importante notare che le appliance hardware della serie XG raggiungeranno la fine del loro ciclo di vita (EOL) il 31 marzo 2025.

Escalation di privilegi e bypass dell’autenticazione in Fortinet FortiOS e FortiProxy

Fortinet ha reso nota l’esistenza di due vulnerabilità critiche che interessano FortiOS e FortiProxy. In risposta il Canadian Center for Cybersecurity e il Belgian Center for Cybersecurity hanno emesso degli avvisi. Fortinet ha confermato che CVE-2024-55591 è oggetto di sfruttamento attivo e ha rilasciato una guida ufficiale contenente informazioni dettagliate sulle versioni colpite e sugli aggiornamenti raccomandati.

  • CVE-2024-55591 (CVSS 9.8 ): una vulnerabilità di bypass dell’autenticazione che sfrutta un percorso o canale alternativo [CWE-288] in FortiOS. Questa falla permette a un attaccante remoto di ottenere privilegi di super amministratore attraverso richieste appositamente create al modulo Node.js Websocket. La disponibilità di molteplici exploit (PoC) [1][2] incrementa significativamente il rischio di sfruttamento, rendendo la vulnerabilità accessibile anche ad aggressori con minori competenze tecniche.
  • CVE-2024-40591 (CVSS 8.8 ): permette a un amministratore autenticato con autorizzazioni Security Fabric di elevare i propri privilegi a super amministratore. Questo avviene collegando il dispositivo FortiGate bersaglio a un FortiGate upstream compromesso sotto il controllo dell’attaccante.

Vulnerabilità Cisco come vettori di accesso iniziale negli attacchi a Telekom

Negli ultimi mesi, il gruppo di spionaggio cinese Salt Typhoon ha regolarmente sfruttato almeno due vulnerabilità critiche nei dispositivi Cisco IOS XE per ottenere un accesso permanente alle reti di telecomunicazione. Le vittime includono ISP italiani, una società di telecomunicazioni sudafricana e una grande azienda thailandese, oltre a dodici università in tutto il mondo, tra cui l’UCLA, l’Universitas Negeri Malang indonesiana e l’UNAM messicana. In passato, Salt Typhoon aveva già preso di mira almeno nove società di telecomunicazioni statunitensi, tra cui Verizon, AT&T e Lumen Technologies. Secondo le autorità statunitensi, l’obiettivo principale del gruppo è la sorveglianza di persone di alto rango, personalità politiche e funzionari legati agli interessi politici cinesi.

I CVE sfruttati da Salt Typhoon includono:

  • CVE-2023-20198 (CVSS 10 ): una vulnerabilità di estensione dei privilegi nell’interfaccia web di Cisco IOS XE. Questa falla viene utilizzata per ottenere l’accesso iniziale, consentendo agli aggressori di creare un account amministratore.
  • CVE-2023-20273 (CVSS 7.2 ): un altro punto debole che facilita l’estensione dei privilegi. Dopo aver ottenuto l’accesso come amministratore, questa vulnerabilità viene sfruttata per ampliare l’accesso privilegiato ai file root e configurare un tunnel GRE (Generic Routing Encapsulation) per garantire una permanenza duratura nella rete.

Inoltre, nel febbraio 2025 sono stati resi noti altri due CVE nei prodotti Cisco:

  • CVE-2023-20118 (CVSS 7.2 ): una vulnerabilità di Command Injection nell’interfaccia di gestione basata sul web dei router Cisco Small Business consente agli aggressori autenticati e remoti di eseguire qualsiasi comando con privilegi di root inviando richieste http manipolate.
  • La CISA ha incluso CVE-2023-20118 nel suo catalogo RIC, suggerendo che la vulnerabilità è attivamente sfruttata.
  • CVE-2023-20026 (CVSS 7.2 ): una vulnerabilità di Command Injection nell’interfaccia di gestione basata sul web dei router Cisco Small Business serie RV042 consente agli aggressori remoti autenticati con credenziali amministrative valide di eseguire qualsiasi comando sul dispositivo.
  • La vulnerabilità è dovuta a una convalida impropria degli input dell’utente nei pacchetti http in entrata. Sebbene non sia noto che CVE-2023-20026 venga sfruttato nelle campagne attive, il Product Security Incident Response Team (PSIRT) di Cisco è a conoscenza che esiste un codice di exploit PoC per questa vulnerabilità.

Ivanti corregge quattro vulnerabilità critiche

Sono state identificate quattro vulnerabilità critiche che colpiscono Ivanti Connect Secure (ICS), Policy Secure (IPS) e Cloud Services Application (CSA). Al momento, non sono state riportate evidenze di attacchi attivi in natura o di exploit Proof of Concept. Ivanti raccomanda vivamente agli utenti di procedere immediatamente all’aggiornamento alle versioni più recenti per mitigare queste gravi falle di sicurezza.

Ecco un breve riassunto tecnico:

  • CVE-2025-22467 (CVSS 8.8): un overflow del buffer basato su stack [CWE-121] nelle versioni ICS antecedenti alla 22.7R2.6 permette agli aggressori autenticati di ottenere l’esecuzione di codice remoto (RCE).
  • CVE-2024-38657 (CVSS 9.1): un controllo esterno del nome del file nelle versioni ICS precedenti alla 22.7R2.4 e IPS precedenti alla 22.7R1.3 consente agli aggressori autenticati di scrivere file arbitrari.
  • CVE-2024-10644 (CVSS 9.1): una vulnerabilità di code injection in ICS (pre-22.7R2.4) e IPS (pre-22.7R1.3) permette agli amministratori autenticati di eseguire qualsiasi RCE.
  • CVE-2024-47908 (CVSS 7.2): una falla di Command Injection del sistema operativo [CWE-78] nella console web di amministrazione di CSA (versioni precedenti alla 5.0.5) consente agli amministratori autenticati di eseguire qualsiasi RCE.

Per riassumere

Il Threat Report di febbraio 2025 evidenzia sviluppi significativi nel panorama della cybersecurity, focalizzandosi sulle tattiche in rapida evoluzione di gruppi ransomware come Black Basta e sulla persistente minaccia critica ai dispositivi di rete edge. Potenziati da strumenti di intelligenza artificiale, gli aggressori sfruttano le vulnerabilità con crescente rapidità, talvolta entro poche ore dalla loro scoperta. Per contrastare queste minacce emergenti, le aziende devono mantenere un alto livello di vigilanza, implementando misure di sicurezza proattive, aggiornando costantemente le proprie difese e utilizzando efficacemente i dati sulle minacce per anticipare i nuovi vettori di attacco.

Quest’anno, numerose grandi aziende di tutto il mondo si troveranno a dover affrontare le conseguenze di attacchi informatici. Molte vulnerabilità conosciute costituiscono canali privilegiati per accedere a risorse di rete sensibili. Nel nostro primo Threat Report del 2025 analizziamo le principali violazioni del 2024, oltre ai data breach più importanti di gennaio 2025.

Un dato interessante: le vulnerabilità qui riportate rappresentano solo la punta dell’iceberg. A gennaio 2025 sono state pubblicate oltre 4.000 nuove CVE (Common Vulnerabilities and Exposures), di cui 22 hanno ottenuto un punteggio CVSS massimo di 10 e 375 e sono quindi considerate ad alto rischio. La crescente ondata di vulnerabilità critiche in dispositivi di edge networking persiste, con nuove falle scoperte nei prodotti di aziende leader del settore tecnologico come Microsoft, Apple, Cisco, Fortinet, Palo Alto Networks, Ivanti e Oracle. Queste esposizioni sono state aggiunte al catalogo KEV (Known Exploited Vulnerabilities) della CISA (Cybersecurity and Infrastructure Security Agency).

Mitigazione dei rischi nella supply chain: responsabilità condivise

Nell’era digitale, la dipendenza quotidiana da software di terze parti rende imprescindibile un rapporto di fiducia con questi strumenti. Tuttavia, quando questa fiducia viene compromessa, sia per negligenza, intenti malevoli o errori umani, la responsabilità della sicurezza informatica grava inevitabilmente sull’utente finale. La capacità di mitigare i rischi è strettamente legata alle competenze tecniche e alla collaborazione tra le parti coinvolte. Nel 2025, i professionisti della cybersecurity devono essere pienamente consapevoli di questa complessa realtà.

In caso di compromissione della sicurezza nella catena di approvvigionamento, condurre un’indagine approfondita sulle cause scatenanti diventa un imperativo. Valuta se il fornitore del software ha messo a disposizione gli strumenti necessari per gestire autonomamente i risultati delle tue misure di sicurezza. È necessario valutare se il fornitore del software ha reso disponibili gli strumenti essenziali per gestire in autonomia i risultati delle misure di sicurezza adottate. Inoltre, occorre verificare che i responsabili della sicurezza informatica sanno identificare ed eliminare le vulnerabilità. Oppure se i dipendenti sono stati adeguatamente formati per riconoscere gli attacchi di phishing e se sono state implementate altre misure di cybersecurity appropriate. Le aziende devono rafforzare le proprie difese contro i ransomware, valutando regolarmente il rischio e dando priorità alla gestione delle patch. Infine, devono verificare l’esistenza di strategie di backup affidabili che soddisfino gli obiettivi di recupero e implementare ulteriori controlli di sicurezza di base per salvaguardare i dati sensibili e prevenire interruzioni operative.

La soluzione? L’approccio proattivo

Il report annuale 2024 del National Cyber Security Center britannico offre un quadro preoccupante: il numero di attacchi informatici significativi è triplicato rispetto al 2023. Parallelamente, il CSIS (Center for Strategic and International Studies) ha pubblicato un elenco dettagliato dei principali incidenti informatici del 2024, fornendo una visione d’insieme del panorama globale delle minacce. Il conflitto Russia-Ucraina ha contribuito a influenzare questo scenario. Inoltre, la rapida transizione globale da cooperazione internazionale a una crescente ostilità ha ulteriormente aggravato i rischi, delineando un contesto sempre più complesso e instabile.

Secondo il rapporto di sicurezza 2024 di Check Point Research, il 96% delle vulnerabilità sfruttate nel 2024 aveva più di un anno. Questo dato risulta incoraggiante per i difensori proattivi, perché dimostra che le aziende che adottano un approccio di gestione delle vulnerabilità sono meglio preparate contro attacchi ransomware mirati e attacchi di massa. Una cosa è chiara: la sicurezza informatica proattiva si rivela fondamentale nel ridurre i costi associati alle violazioni della sicurezza.

Analizziamo due delle violazioni della sicurezza più significative del 2024:

  • La violazione dei dati di Change Healthcare: nonostante una generale diminuzione delle violazioni nel settore sanitario rispetto al picco del 2023, l’attacco ransomware contro Change Healthcare ha stabilito un nuovo primato, coinvolgendo 190 milioni di persone. I costi associati hanno raggiunto la cifra astronomica di 2,457 miliardi di dollari. In seguito all’incidente, lo stato del Nebraska ha intrapreso un’azione legale contro l’azienda, accusandola di gestire sistemi IT obsoleti non conformi agli standard di sicurezza aziendali. Secondo le stime di IBM, le violazioni nel settore sanitario sono le più onerose, con un costo medio di 9,77 milioni di dollari nel 2024.
  • I Typhoon fanno irruzione nelle aziende americane: il suffisso “Typhoon” è utilizzato nella nomenclatura di Microsoft per indicare gruppi di minacce di origine cinese. Il gruppo cinese Salt Typhoon, sostenuto dallo stato, si è infiltrato nelle reti di almeno nove grandi società di telecomunicazioni statunitensi, ottenendo accesso ai metadati delle chiamate e dei messaggi degli utenti, nonché alle registrazioni audio di alti funzionari governativi. Volt Typhoon ha compromesso le reti di Singapore Telecommunications (SingTel) e di altri operatori di telecomunicazioni a livello globale. Questi gruppi hanno sfruttato vulnerabilità in dispositivi di rete obsoleti, inclusi server Microsoft Exchange non aggiornati, router Cisco, firewall Fortinet e Sophos, e applicazioni VPN Ivanti. Greenbone è in grado di rilevare tutte le vulnerabilità software note associate agli attacchi di Salt Typhoon e Volt Typhoon.
    [1][2].

Il Regno Unito e il divieto alle organizzazioni pubbliche di pagare riscatti ransomware

Nell’ambito della lotta al ransomware, il governo britannico ha proposto di vietare alle organizzazioni pubbliche e alle infrastrutture critiche il pagamento di riscatti con l’obiettivo di disincentivare i criminali informatici dal prenderle di mira. Tuttavia, un recente rapporto  del National Audit Office (NAO) sottolinea che “la minaccia informatica per il governo del Regno Unito è grave e in rapida evoluzione”.

L’FBI, la CISA e l’NSA sconsigliano il pagamento dei riscatti in caso di attacchi ransomware. Pagare non garantisce il recupero dei dati crittografati né impedisce la diffusione di informazioni sottratte; al contrario, potrebbe incentivare ulteriori attività criminali. D’altro canto, secondo alcune analisi, molte piccole e medie imprese potrebbero non essere in grado di sostenere finanziariamente i tempi di inattività causati da un attacco ransomware. Questo solleva un dilemma: è accettabile che i criminali informatici traggano profitto, mentre le risorse che potrebbero essere destinate allo sviluppo di talenti locali vengono invece utilizzate per pagare riscatti?

Vulnerabilità in SonicWall SMA 1000 sfruttata in modo attivo

Microsoft Threat Intelligence ha scoperto che la vulnerabilità CVE-2025-23006 con un punteggio di 9.8 (Critico)  secondo il Common Vulnerability Scoring System (CVSS), è attivamente sfruttata nei gateway SonicWall SMA 1000. Questa falla deriva dalla deserializzazione  [CWE-502] di dati non affidabili. Un aggressore remoto non autenticato con accesso alle console di gestione Appliance Management Console (AMC) e Central Management Console (CMC) potrebbe eseguire comandi arbitrari sul sistema operativo del dispositivo. SonicWall ha rilasciato l’hotfix versione 12.4.3-02854 per risolvere questa vulnerabilità.

Sebbene non sia stato identificato alcun codice exploit pubblicamente disponibile, numerose agenzie governative hanno emesso avvisi riguardanti la vulnerabilità CVE-2025-23006, tra cui la Confederazione tedesca BSI CERT, il Centro canadese per la sicurezza informatica, il CISA e il NHS (National Health Service) del Regno Unito. Greenbone è in grado di rilevare sistemi SonicWall interessati da questa vulnerabilità verificando da remoto la versione indicata nel banner di servizio.

CVE-2024-44243 per rootkit persistenti in macOS

Gennaio 2025 è stato un mese pieno di sfide per la sicurezza Apple. Microsoft Threat Intelligence ha condotto un test di sicurezza su macOS, individuando una vulnerabilità che potrebbe consentire alle applicazioni installate di alterare il System Integrity Protection (SIP) del sistema operativo. Questa falla potrebbe permettere agli aggressori di installare rootkit e malware persistenti, nonché di eludere Transparency, Consent and Control (TCC), il meccanismo che gestisce i permessi di accesso delle applicazioni alle cartelle. Nonostante l’assenza di segnalazioni di attacchi attivi, Microsoft ha reso disponibili dettagli tecnici sulla vulnerabilità.

Alla fine di gennaio 2025, sono stati identificati 88 nuovi CVE, di cui 17 con livello di gravità critica (CVSS), che interessano l’intera gamma di prodotti Apple. Una di queste, CVE-2025-24085, è stata rilevata in attacchi attivi ed è stata aggiunta al catalogo KEV della CISA. Inoltre, sono state scoperte due vulnerabilità potenzialmente sfruttabili nei chip delle serie M di Apple, denominate SLAP e FLOP, per le quali non sono ancora stati assegnati CVE. Con SLAP i ricercatori hanno sfruttato le vulnerabilità del chip per manipolare le tecniche di allocazione dell’heap nel Safari WebKit e alterare i metadati delle stringhe JavaScript. Questo ha permesso loro di eseguire letture speculative fuori dai limiti, estraendo contenuti sensibili del DOM da altre schede del browser. Per quanto riguarda FLOP, gli esperti hanno dimostrato che è possibile rubare dati sensibili da Safari e Google Chrome bypassando la verifica del tipo JavaScript nel Safari WebKit e l’isolamento del sito in Chrome tramite WebAssembly.

Inoltre, sono state identificate cinque vulnerabilità critiche che interessano Microsoft Office per macOS, tutte con potenziali exploit che potrebbero portare all’esecuzione remota di codice (RCE). I prodotti coinvolti includono Microsoft Word (CVE-2025-21363), Excel (CVE-2025-21354 e CVE-2025-21362) e OneNote (CVE-2025-21402) per macOS. Sebbene al momento manchino dettagli tecnici specifici su queste vulnerabilità, è altamente consigliato aggiornare i software interessati il prima possibile per mitigare i rischi associati.

Il Greenbone Enterprise Feed rileva gli aggiornamenti di sicurezza mancanti per macOS e identifica numerose vulnerabilità (CVE) che interessano le applicazioni macOS, inclusi i cinque CVE recentemente scoperti in Microsoft Office per Mac.

6 vulnerabilità in Rsync consentono la compromissione di server e client

La combinazione die due vulnerabilità recentemente identificate può consentire l’esecuzione remota di codice su server Rsyncd vulnerabili, mantenendo un accesso anonimo in sola lettura. CVE-2024-12084, è un overflow del buffer heap e CVE-2024-12085 riguarda una perdita di informazioni. I mirror pubblici che utilizzano Rsyncd sono particolarmente a rischio, poiché non dispongono di propri controlli di accesso.

Inoltre, i ricercatori hanno rilevato che un server Rsyncd compromesso può leggere e scrivere qualsiasi file sui client collegati, consentendo il furto di informazioni sensibili e, potenzialmente, l’esecuzione di codice dannoso attraverso la modifica di file eseguibili.

Ecco un riepilogo delle nuove vulnerabilità, ordinate per gravità CVSS:

  • CVE-2024-12084 (CVSS 9.8 Critical): una gestione impropria della lunghezza del checksum può causare un overflow del buffer heap, portando potenzialmente all’esecuzione remota di codice.
  • CVE-2024-12085 (CVSS 7.5 High): la presenza di contenuti non inizializzati nello stack può esporre informazioni sensibili.
  • CVE-2024-12087 (CVSS 6.5 Medium): la vulnerabilità Path Traversal in Rsync consente di accedere a file non autorizzati sul client.
  • CVE-2024-12088 (CVSS 6.5 High): la vulnerabilità di Path Traversal attraverso l’opzione –safe-links può consentire la scrittura arbitraria di file al di fuori della directory prevista.
  • CVE-2024-12086 (CVSS 6.1 High): i server Rsync possono esporre file sensibili dei client durante le operazioni di copia, potenzialmente rivelando dati riservati.
  • CVE-2024-12747 (CVSS 5.6 High): una gestione inadeguata dei collegamenti simbolici in Rsync può causare una condizione di gara che, se sfruttata, consente l’escalation dei privilegi quando un utente malintenzionato controlla il processo Rsyncd.

Nel complesso, queste vulnerabilità rappresentano un serio rischio di esecuzione di codice remoto (RCE), esfiltrazione di dati e installazione di malware persistenti sia sui server Rsyncd che su client ignari.Gli utenti devono installare la patch di Rsync, eseguire una scansione approfondita degli Indicators of Compromise (IoC) su tutti i sistemi che hanno utilizzato Rsync e, se necessario, rivedere l’infrastruttura per la condivisione dei file. Greenbone è in grado di rilevare tutte le vulnerabilità note in Rsync e di identificare l’assenza di aggiornamenti di sicurezza critici.

CVE-2025-0411: 7-Zip consente l’aggiramento di MotW

Il 25 gennaio 2025 è stata resa nota la vulnerabilità CVE-2025-0411 (punteggio CVSS 7.5 – High), che interessa il software di archiviazione 7-Zip. Questa falla permette di aggirare il meccanismo di sicurezza “Mark of the Web” (MotW) di Windows tramite archivi appositamente predisposti. MotW contrassegna i file scaricati da Internet con un identificatore di zona (ADS), avvisando l’utente quando alcuni contenuti sono potenzialmente non sicuri. Tuttavia, nelle versioni di 7-Zip precedenti alla 24.09, il meccanismo MotW veniva eliminato nei file estratti da tali archivi, esponendo il sistema a rischi. Per sfruttare questa vulnerabilità, un attaccante necessita dell’interazione dell’utente, che dovrebbe aprire un archivio infetto e successivamente eseguire un file dannoso in esso contenuto.

Una ricerca di Cofense  ha rilevato che i siti web governativi di tutto il mondo vengono utilizzati in modo improprio tramite CVE-2024-25608, una vulnerabilità nella piattaforma digitale Liferay che viene sfruttata per il credential phishing, malware e operazioni di comando e controllo (C2). Questa falla consente agli aggressori di reindirizzare gli utenti da URL .gov affidabili verso siti di phishing malevoli. La combinazione dei reindirizzamenti da domini .gov con la vulnerabilità di 7-Zip presenta il rischio elevato per la diffusione nascosta di malware.

Per mitigare questa vulnerabilità, è essenziale aggiornare manualmente 7-Zip alla versione 24.09, disponibile dalla fine del 2024. Come accennato nell’introduzione, la sicurezza della supply chain del software spesso si colloca in una zona grigia, poiché tutti dipendiamo da software al di fuori del nostro controllo. È interessante notare che, prima della divulgazione della vulnerabilità CVE-2025-0411, 7-Zip non aveva avvisato gli utenti riguardo a tale problema. Sebbene 7-Zip sia un software open source, il repository Github del prodotto non fornisce dettagli o informazioni di contatto per una divulgazione responsabile.

Inoltre, la vulnerabilità CVE-2025-0411 ha attivato notifiche da parte di DFN-CERT e BSI CERT-Bund[1][2]. Greenbone è in grado di individuare le versioni vulnerabili di 7-Zip.

Per riassumere

Questa edizione del nostro report mensile sulle minacce informatiche si concentra su significative violazioni della sicurezza avvenute nel 2024 e sulle nuove vulnerabilità critiche scoperte a gennaio 2025. La supply chain del software rappresenta un rischio crescente per aziende di ogni dimensione e interessa sia prodotti open source che proprietari. Tuttavia, il software open source offre trasparenza e la possibilità per le parti interessate di impegnarsi proattivamente per migliorare la sicurezza tramite un approccio collaborativo o indipendente. Sebbene i costi della sicurezza informatica siano elevati, il progresso delle competenze tecniche diventerà sempre più un fattore decisivo per la protezione di aziende e stati. La fortuna sta dalla parte di chi si fa trovare preparato.

Siamo lieti di annunciare il lancio di importanti aggiornamenti al Greenbone Operating System (GOS), il software alla base delle nostre appliance aziendali fisiche e virtuali. Questi aggiornamenti introducono nuove funzionalità front-end per migliorare la gestione delle vulnerabilità aziendali e allo stesso tempo potenziano le prestazioni nel back-end. La versione 24.10 del GOS riflette l’impegno di Greenbone nel promuovere buone pratiche di sicurezza informatica, permettendo alle organizzazioni di identificare e risolvere rapidamente le vulnerabilità.

In questo articolo presentiamo le nuove funzionalità e i miglioramenti che rendono le nostre appliance aziendali ancora più efficaci nella gestione delle esposizioni e della conformità alla sicurezza informatica.

Tutte le nuove funzionalità di GOS 24.10

Greenbone Security Assistant (GSA) rende la sicurezza informatica un argomento tangibile per i responsabili IT. La rinnovata interfaccia web GSA presenta un design moderno e minimalista che privilegia l’usabilità, mantenendo l’accessibilità alle potenti funzionalità di Greenbone. Questo restyling estetico è solo l’inizio: sono previsti cambiamenti più sostanziali che trasformeranno ulteriormente l’esperienza d’uso.

Finestra di visualizzazione del nuovo report di audit di conformità

La cybersecurity compliance sta assumendo un ruolo sempre più centrale. Le recenti normative UE come il Digital Operational Resilience Act (DORA), la Network and Information Security Directive 2 (NIS2) e il Cyber Resilience Act (CRA) impongono alle organizzazioni di implementare misure più proattive per salvaguardare la propria infrastruttura digitale. Altri fattori come l’adozione di assicurazioni specifiche per la cybersecurity, l’aumento della richiesta di verifiche esterne indipendenti e una responsabilità più elevata nei confronti dei clienti riguardo la protezione dei dati, stanno inducendo le organizzazioni a riconsiderare e potenziare i propri approcci alla gestione e al monitoraggio della sicurezza informatica.

L’aggiornamento GOS 24.10 introduce una nuova modalità di visualizzazione focalizzata sulla compliance, progettata per migliorare la comprensione dell’allineamento normativo e delle politiche. L’interfaccia utente rinnovata offre una migliore visibilità dei rischi per la sicurezza informatica, favorendo l’allineamento con gli obiettivi di governance IT. Questa vista include report di audit di conformità, nuove visualizzazioni della dashboard e opzioni di filtro avanzate. Le funzionalità permettono di separare efficacemente i dati relativi alla conformità dai report di scansione standard. Inoltre, i report di audit Delta mettono in evidenza i progressi nella conformità attraverso indicatori visivi e suggerimenti, facilitando l’identificazione delle aree di miglioramento.

Il supporto EPSS aggiunge la prioritizzazione basata sull’intelligenza artificiale

Con il costante aumento dei nuovi CVE (Common Vulnerabilities and Exposures), diventa essenziale stabilire delle priorità tra le vulnerabilità per focalizzarsi sulle minacce più critiche. L’Exploit Prediction Scoring System (EPSS) è un sistema di valutazione basato sull’intelligenza artificiale in grado di calcolare la probabilità che un CVE venga effettivamente sfruttato. Questo sistema utilizza il machine learning (ML) per analizzare dati storici e prevedere quali nuovi CVE hanno maggiori probabilità di essere oggetto di attacchi attivi.

I dati EPSS sono ora parte integrante delle nostre appliance aziendali. Le probabilità di sfruttamento, regolarmente aggiornate per ogni CVE attivo, sono ora disponibili nella piattaforma Greenbone. Gli amministratori possono utilizzare punteggi e percentili di probabilità di exploit aggiornati, in aggiunta alla tradizionale valutazione della gravità CVSS. Questo consente loro di concentrarsi sulle vulnerabilità più critiche e urgenti nelle loro operazioni di sicurezza.

Funzionalità di esportazione di report CSV e JSON più flessibili

Greenbone ha sempre adottato un approccio incentrato sulla semplicità e sulla flessibilità, permettendo alle sue soluzioni di adattarsi a una vasta gamma di esigenze operative specifiche. La versione GOS 24.10 introduce una nuova funzionalità: l’esportazione dei report in formato JSON. Inoltre, gli utenti hanno ora la possibilità di personalizzare i campi nei report esportati in formato CSV e JSON. Questa caratteristica consente di adattare i report direttamente all’interno di Greenbone, permettendo di soddisfare con maggiore precisione i requisiti specifici dei report e di focalizzarsi sugli elementi essenziali per l’analisi, la conformità o il processo decisionale.

Ulteriori ottimizzazioni nel backend

Per migliorare la flessibilità e l’accuratezza nell’identificazione delle vulnerabilità, Greenbone ha implementato diverse ottimizzazioni del back-end, focalizzandosi sulla gestione del CPE (Common Platform Enumeration) e dei feed. Ecco una panoramica delle novità introdotte:

  • Il back-end è ora in grado di convertire le stringhe CPEv2.3 in URI CPEv2.2, conservando entrambe le versioni per garantire una corrispondenza più affidabile dei prodotti interessati. Futuri sviluppi potrebbero includere un sistema di corrispondenza avanzato e in tempo reale, aumentando ulteriormente la precisione nella valutazione delle vulnerabilità.
  • Le appliance aziendali Greenbone hanno introdotto il supporto per feed CVE, CPE, EPSS e CERT basati su JSON, oltre alla compressione dei dati tramite gzip.

Indice

Di recente, Greenbone ha rilasciato una serie di aggiornamenti importanti per le sue Enterprise Appliances, introducendo diverse nuove funzionalità e miglioramenti. Gli aggiornamenti introducono un’interfaccia web GSA modernizzata, una visualizzazione dei report di audit incentrata sulla conformità per una migliore visibilità e funzionalità avanzate di esportazione CSV e JSON che offrono agli utenti il controllo sui dati dei report Inoltre, abbiamo aggiunto EPS basati sull’intelligenza artificiale alle opzioni disponibili per la prioritizzazione del rischio di vulnerabilità. Infine, le ottimizzazioni del back-end garantiscono una perfetta compatibilità con i nuovi formati CPE e i feed basati su JSON. Insieme, queste funzionalità si aggiungono alle capacità di gestione delle vulnerabilità adattabili di Greenbone, consentendo alle organizzazioni di stare al passo con le minacce emergenti con il rilevamento e la definizione delle priorità delle vulnerabilità leader del settore.

Il Common Security Advisory Framework (CSAF) è un sistema progettato per fornire avvisi di sicurezza leggibili dalle macchine attraverso un processo standardizzato che facilita la condivisione automatizzata delle informazioni sulla sicurezza informatica. Greenbone sta attivamente lavorando per integrare tecnologie basate sullo standard CSAF 2.0 con l’obiettivo di automatizzare gli avvisi di sicurezza informatica. Per un’introduzione a CSAF 2.0 e una panoramica dei benefici che apporta alla gestione delle vulnerabilità, ti invitiamo a consultare il nostro .

Nel 2024, l’interruzione del NIST National Vulnerabilities Database (NVD)  ha di dati critici verso i consumatori a valle, sottolineando la necessità di soluzioni più resilienti e distribuite. Il modello CSAF 2.0 decentralizzato si dimostra particolarmente rilevante in questo contesto, offrendo un quadro di condivisione delle informazioni che elimina la dipendenza da un singolo punto di errore. Grazie alla sua capacità di aggregare dati da una varietà di fonti affidabili, CSAF 2.0 garantisce una continuità operativa e una maggiore affidabilità nella distribuzione degli avvisi di sicurezza.


Indice

1. Di cosa parleremo in questo articolo
2. Chi sono gli stakeholder di CSAF?
2.1. I ruoli nel protocollo CSAF 2.0
2.1.1. Soggetti emittenti di CSAF 2.0
2.1.1.1. Il ruolo di editore di CSAF
2.1.1.2. Il ruolo di fornitore di CSAF
2.1.1.3. Il ruolo di trusted-provider di CSAF
2.1.2. Aggregatori di dati CSAF 2.0
2.1.2.1. Il ruolo di lister CSAF
2.1.2.2. Il ruolo di aggregatore CSAF
3. Conclusione


1. Di cosa parleremo in questo articolo

Questo articolo vuole approfondire quali sono gli stakeholder e i ruoli definiti nella specifica CSAF 2.0, che governano i meccanismi di creazione, diffusione e consumo degli avvisi di sicurezza all’interno dell’ecosistema CSAF 2.0. Comprendere chi sono gli stakeholder di CSAF e come i ruoli standardizzati definiti dal framework influenzano l’intero ciclo di vita delle informazioni sulle vulnerabilità è essenziale per i professionisti della sicurezza. Questo approfondimento aiuterà a comprendere meglio come funziona CSAF, come può essere utile per la propria organizzazione e come implementarlo efficacemente nel contesto della gestione delle vulnerabilità.

2. Chi sono gli stakeholder di CSAF?

A livello generale, il processo CSAF coinvolge due principali gruppi di stakeholder: i produttori a monte, che creano e distribuiscono avvisi di sicurezza informatica nel formato CSAF 2.0, e i consumatori a valle (utenti finali), che utilizzano questi avvisi per implementare le informazioni di sicurezza in essi contenute.

I produttori a monte includono fornitori di software come Cisco, e Oracle responsabili della sicurezza dei loro prodotti digitali e della divulgazione pubblica delle vulnerabilità identificate. Tra gli stakeholder a monte si annoverano anche ricercatori indipendenti e agenzie pubbliche come la Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA) negli Stati Uniti e l’Ufficio federale tedesco per la sicurezza delle informazioni (BSI), che fungono da fonti autorevoli per l’intelligence sulla sicurezza informatica.

I consumatori a valle includono sia società private che gestiscono direttamente la propria sicurezza informatica, sia , ovvero fornitori esterni che offrono servizi di monitoraggio e gestione della sicurezza in outsourcing. A valle, i team di sicurezza IT utilizzano le informazioni contenute nei documenti CSAF 2.0 per individuare vulnerabilità nell’infrastruttura e pianificare interventi di mitigazione. Allo stesso tempo, i dirigenti aziendali sfruttano questi dati per comprendere come i rischi IT potrebbero sulle operazioni aziendali.

Diagramma che illustra i portatori di interesse del CSAF 2.0: i produttori a monte, come fornitori di software e enti pubblici, forniscono avvisi di sicurezza nel formato CSAF 2.0, utilizzati dai consumatori a valle, tra cui organizzazioni private, CERT governativi e provider di sicurezza.

Flusso CSAF 2.0 dai produttori a monte ai consumatori a valle per avvisi di sicurezza di base

Lo standard CSAF 2.0 definisce ruoli specifici per i produttori a monte che delineano la loro partecipazione alla creazione e alla diffusione di documenti informativi. Esaminiamo più in dettaglio questi ruoli ufficialmente definiti.

2.1. I ruoli nel protocollo CSAF 2.0

I ruoli CSAF 2.0 sono definiti nella sezione 7.2. Si dividono in due gruppi distinti: i soggetti emittenti (“emittenti”) e gli aggregatori di dati (“aggregatori”). Gli emittenti sono direttamente coinvolti nella creazione di documenti informativi. Gli aggregatori raccolgono i documenti CSAF e li distribuiscono agli utenti finali, facilitando l’automazione per i consumatori. Sebbene una singola organizzazione possa ricoprire sia il ruolo di Emittente che quello di Aggregatore, è importante che queste due funzioni operino come entità distinte.  Inoltre, le organizzazioni che agiscono come produttori a monte devono anche garantire la propria sicurezza informatica. Per questo motivo, possono svolgere il ruolo di consumatori a valle, utilizzando i documenti CSAF 2.0 per sostenere le proprie attività di gestione delle vulnerabilità.

Diagramma dei ruoli a monte nel protocollo CSAF 2.0: i soggetti emittenti (Producer, Provider, Trusted Provider) creano documenti, mentre gli aggregatori di dati (Lister, Aggregator) li raccolgono e distribuiscono ai consumatori a valle.

Diagramma che illustra la relazione tra i soggetti emittenti e gli aggregatori di dati CSAF 2.0.

Di seguito esaminiamo le responsabilità specifiche dei soggetti emittenti e degli aggregatori di dati CSAF 2.0.

2.1.1. Soggetti emittenti di CSAF 2.0

I soggetti emittenti sono responsabili della creazione degli avvisi di sicurezza informatica CSAF 2.0. Tuttavia, non sono responsabili per la trasmissione dei documenti agli utenti finali. Se i soggetti emittenti non desiderano che i loro avvisi vengano elencati o replicati dagli aggregatori di dati lo devono segnalare. Inoltre, i soggetti emittenti di CSAF 2.0 possono anche svolgere il ruolo di aggregatori di dati.

Di seguito le spiegazioni di ciascun ruolo secondario all’interno del gruppo dei soggetti emittenti:

2.1.1.1. Il ruolo di editore di CSAF

Gli editori sono generalmente organizzazioni che scoprono e comunicano avvisi esclusivamente per i propri prodotti digitali. Per adempiere al loro ruolo, gli editori devono rispettare i requisiti da 1 a 4 della sezione 7.1 della specifica CSAF 2.0. Questo implica la creazione di file strutturati con sintassi e contenuti validi, conformi alle convenzioni sui nomi dei file CSAF 2.0 descritte nella sezione 5.1, e la garanzia che i file siano accessibili solo tramite connessioni TLS crittografate. Inoltre, gli editori devono rendere pubblici tutti gli avvisi classificati come TLP:WHITE.

Gli editori devono inoltre mettere a disposizione del pubblico un documento provider-metadata.json contenente informazioni di base sull’organizzazione, sul suo stato di ruolo CSAF 2.0 e sui collegamenti a una chiave pubblica OpenPGP utilizzata per firmare digitalmente il documento provider-metadata.json e verificarne l’integrità. Queste informazioni vengono utilizzate da applicazioni software che, a valle, visualizzano gli avvisi dell’editore agli utenti finali.

2.1.1.2. Il ruolo di fornitore di CSAF

I fornitori rendono disponibili i documenti CSAF 2.0 alla comunità più ampia. Oltre a soddisfare gli stessi requisiti di un editore, un fornitore deve fornire il proprio file provider-metadata.json seguendo un metodo standardizzato (soddisfacendo almeno uno dei requisiti da 8 a 10 della sezione 7.1), utilizzare una distribuzione standardizzata per i suoi avvisi e implementare controlli tecnici per limitare l’accesso a qualsiasi documento informativo classificato come TLP:AMBER or TLP:RED.

I fornitori devono anche scegliere un metodo di distribuzione basato su directory o su ROLIE. In breve, la distribuzione basata su directory rende disponibili i documenti informativi all’interno di una normale struttura di percorsi di directory, mentre ROLIE (Resource-Oriented Lightweight Information Exchange) [RFC-8322] è un protocollo API RESTful progettato specificamente per automatizzare la sicurezza, la pubblicazione, la scoperta e la condivisione delle informazioni.

Se un fornitore utilizza la distribuzione basata su ROLIE, deve anche soddisfare i requisiti da 15 a 17 dalla sezione 7.1. In alternativa, se un fornitore utilizza la distribuzione basata su directory, deve rispettare i requisiti da 11 a 14 della sezione 7.1.

2.1.1.3. Il ruolo di trusted-provider di CSAF

I Trusted Provider sono una categoria speciale di provider CSAF che hanno raggiunto un elevato livello di fiducia e affidabilità. Devono rispettare rigorosi standard di sicurezza e qualità per garantire l’integrità dei documenti CSAF che emettono.

Oltre a soddisfare tutti i requisiti di un fornitore CSAF, i Trusted Provider devono anche rispettare i requisiti da 18 a 20 della sezione 7.1 della specifica CSAF 2.0. Questi requisiti comprendono la fornitura di un hash crittografico sicuro e di un file di firma OpenPGP per ciascun documento CSAF emesso, nonché la garanzia che la parte pubblica della chiave di firma OpenPGP sia resa pubblicamente disponibile.

2.1.2. Aggregatori di dati CSAF 2.0

Gli aggregatori di dati si occupano della raccolta e della ridistribuzione dei documenti CSAF. Funzionano come directory per gli emittenti CSAF 2.0 e i loro documenti informativi, fungendo da intermediari tra gli emittenti e gli utenti finali. Una singola entità può svolgere sia il ruolo di Lister che di aggregatore CSAF. Gli aggregatori di dati hanno la possibilità di scegliere quali avvisi degli editori upstream elencare, raccogliere e ridistribuire, in base alle esigenze dei loro clienti.

Di seguito la spiegazione di ciascun ruolo secondario all’interno del gruppo degli aggregatori di dati:

2.1.2.1. Il ruolo di lister CSAF

I lister raccolgono i documenti CSAF da più editori CSAF e li elencano in una posizione centralizzata per facilitarne il recupero. L’obiettivo di un lister è fungere da directory per gli avvisi CSAF 2.0, consolidando gli URL attraverso cui è possibile accedere ai documenti CSAF. Si presume che nessun lister fornisca un set completo di tutti i documenti CSAF.

I lister devono pubblicare un file aggregator.json valido che elenchi almeno due entità CSAF Provider separate. Sebbene un lister possa anche agire come parte emittente, non può elencare mirror che puntano a un dominio sotto il proprio controllo.

2.1.2.2. Il ruolo di aggregatore CSAF

Il ruolo di CSAF Aggregator rappresenta il punto finale di raccolta tra i documenti informativi CSAF 2.0 pubblicati e l’utente finale.  Gli aggregatori offrono una posizione in cui i documenti CSAF possono essere recuperati da strumenti automatizzati. Sebbene gli aggregatori agiscano come una fonte consolidata di avvisi di sicurezza informatica, simile al NIST NVD o al CVE.org di The MITRE Corporation, CSAF 2.0 adotta un modello decentralizzato, in contrasto con un approccio centralizzato. Gli aggregatori non sono obbligati a fornire un elenco completo di documenti CSAF di tutti gli editori. Inoltre, gli editori possono scegliere di offrire l’accesso gratuito al loro feed di consulenza CSAF o di operare come servizio a pagamento.

Analogamente ai lister, gli aggregatori devono rendere un file aggregator.json disponibile pubblicamente. Inoltre, i documenti CSAF di ciascun emittente con mirroring devono essere organizzati in una cartella dedicata separata, contenente anche il file provider-metadata.json dell’emittente. Per adempiere al loro ruolo, gli aggregatori devono rispettare i requisiti da 1 a 6 e da 21 a 23 della sezione 7.1 della specifica CSAF 2.0.

Gli aggregatori CSAF sono responsabili di verificare che ogni documento CSAF replicato abbia una firma valida (requisito 19) e un hash crittografico sicuro (requisito 18). Se il soggetto emittente non fornisce questi file, l’aggregatore deve generarli.

3. Conclusione

Comprendere gli stakeholder e i ruoli di CSAF 2.0 è fondamentale per implementare correttamente la specifica e sfruttare i vantaggi della raccolta e del consumo automatizzati di informazioni critiche sulla sicurezza informatica. CSAF 2.0 identifica due principali gruppi di stakeholder: i produttori a monte, responsabili della creazione di avvisi di sicurezza, e i consumatori a valle, che utilizzano queste informazioni per migliorare la sicurezza. I ruoli definiti includono i soggetti emittenti (editori, fornitori e fornitori di fiducia) che generano e distribuiscono avvisi, e gli aggregatori di dati (lister e aggregatori) che raccolgono e diffondono questi avvisi agli utenti finali.

I membri di ogni ruolo devono rispettare specifici controlli di sicurezza per garantire la trasmissione sicura dei documenti CSAF 2.0.  Inoltre, il Traffic Light Protocol (TLP) regola le modalità di condivisione dei documenti e definisce i controlli di accesso necessari per rispettare le autorizzazioni di distribuzione.